Enrico Manghi a Sondrio: “Ai ragazzi dico: credeteci davvero”
Il responsabile del settore giovanile del Valorugby protagonista del secondo incontro formativo al Cerri-Mari.
Seconda tappa del percorso formativo voluto dall’head coach del Sondrio Rugby, Antonio Zanichelli, che sta portando in Valtellina allenatori e professionisti di alto livello per far crescere giocatori e staff. Dopo Gilberto Pavan, è stata la volta di Enrico Manghi, 33 anni, ex tallonatore e oggi responsabile del settore juniores del Valorugby Reggio Emilia, oltre che preparatore fisico della prima squadra.
Prima dell’allenamento, gli abbiamo chiesto di raccontarsi un po’.
“Sono qui per portare una voce nuova”
La domanda di rito è inevitabile: cosa porta un tecnico del Valorugby a Sondrio, in un giovedì gelido di fine novembre?
“A dire il vero un weekend libero e una grande amicizia”, sorride. “E porto quello che vuole Antonio! Stasera lavorerò sulla rimessa laterale, ma in generale spero di dare una voce nuova e una ventata d’aria fresca… anche se qui l’aria fresca non manca”. Poi aggiunge serio: “Molto di quello che faccio, l’ho imparato proprio da Antonio”.
Un percorso iniziato presto: “Non so come non si fa”
Manghi nasce sportivamente all’Amatori Parma, dove entra a cinque anni e rimane fino ai diciotto. L’esordio tra i grandi arriva con l’Overmach Parma in Coppa Italia, poi il titolo italiano U20 con i Crociati, l’anno in Accademia a Tirrenia, il ritorno a Parma e due stagioni a Rovigo. Chiude la carriera nel 2019 al Valorugby, a 27 anni, per un infortunio che lo costringe a smettere ma non ad allontanarsi dal campo.
Da lì inizia un nuovo capitolo: prima nel minirugby, poi nelle giovanili e oggi alla guida di tutto il settore juniores, oltre a seguire la preparazione fisica della prima squadra.
Gli chiediamo com’è stato crescere in una famiglia così piena di rugby. Ride: “Non so come non si fa! È stato motivante, perché ricevevo continui feedback”.
Il passaggio da giocatore ad allenatore
“Oltrepassare quella linea è stato complicato”, ammette. “Per un paio di stagioni è difficile uscire dal campo come giocatore ed entrarci da allenatore: il punto di vista cambia, completamente”.
Non aveva in programma di smettere così presto, ma si considera fortunato per il sostegno che il Valorugby gli ha dato in quel passaggio delicato. Fondamentale, per lui, è stato crescere gradualmente: “Partire dai bambini piccoli mi ha aperto la testa. Lavorare con i giovani mi piace davvero”.
Il rugby come scuola di realismo
Quando gli chiediamo cosa gli abbia insegnato il rugby, la risposta è asciutta: “Mi ha insegnato a non prendere le cose sotto gamba e a valutare le persone”. Detto così, e basta. Non serve altro.
I ragazzi di oggi: comfort, fragilità e ascolto
Manghi non fa giri di parole: “È cambiato il modo di interagire. Per molti ragazzi lo sport non è una priorità. Hanno tanti comfort a casa… e perché dovrebbero uscire?”.
E qui entra il ruolo cruciale delle società sportive: educazione, ascolto, socialità concreta. Fa un esempio semplice ma attualissimo: “Oggi molti ragazzi tornano da scuola e devono prepararsi da mangiare da soli. E anche lì gli insegni che vivere di grissini e formaggio non è una grande idea”.
Il punto per lui è chiaro: “I ragazzi vanno ascoltati. Sono molto fragili. Il digitale mostra un mondo irreale che loro idealizzano, e fanno fatica a accettare che non sia raggiungibile”. Per questo, aggiunge, con i più giovani usa un approccio diverso: “Li ascolto singolarmente sulle cose importanti”.
“Non sono mai stato un bravo giocatore”
Ai ragazzi che sognano in grande, Manghi manda un messaggio semplice e diretto: “Non sono mai stato un bravo giocatore di rugby. A chi vuole fare strada dico che bisogna crederci davvero. Deve essere il tuo obiettivo, e devi metterlo al primo posto nella lista”.
Cosa vuole lasciare ai giocatori del Sondrio
Prima di andare in campo, gli chiediamo cosa speri che i ragazzi si portino a casa dall’allenamento.
“Qualche consiglio utile per ottimizzare quello che c’è già di buono”, risponde senza esitazioni.
E se potesse parlare al Manghi diciottenne?
La sua risposta di chiusura è un promemoria che vale per molti: “Di impegnarmi di più e non fare solo quello che veniva richiesto. Curare di più i dettagli”.
Una serata che lascia il segno
Anche questa seconda tappa conferma quanto voluto dallo staff tecnico: portare a Sondrio idee, esperienze diverse e stimoli nuovi. Un modo per crescere non solo tecnicamente, ma culturalmente, come ambiente.
Manghi torna a casa e i nostri ragazzi restano con una manciata di consigli che pesano più di tanti discorsi: credere davvero in ciò che si vuole e imparare a fare bene anche le piccole cose.
Perché nel rugby - come nella vita - i dettagli non mentono.
- Sondrio Rugby -
- 8 viste