Sernio e il Pergul: la rinascita di un paesaggio di pietra e memoria
Ci sono luoghi che raccontano la nostra storia più di qualsiasi parola. Il versante del Pergul, con i suoi antichi terrazzamenti, le muracche, le mulattiere e i baitelli, è uno di quei luoghi che parlano di identità, di fatica e di ingegno. Per anni dimenticato, soffocato dall’abbandono agricolo e dall’espansione dei frutteti sul versante opposto, oggi questo paesaggio torna a vivere grazie a un progetto di recupero che unisce visione, perseveranza e rispetto per la tradizione.
Sei anni fa iniziava la sfida di riqualificare il paesaggio terrazzato del Pergul. Sei anni di lavori, accordi con i proprietari e tanta determinazione. Oggi il risultato è evidente: muretti a secco ricostruiti, nuovi spazi verdi, tre ettari di terreno recuperati grazie a un patto ventennale con le famiglie del luogo. Una rinascita concreta, fatta di mani, di pietra e di passione.
“Abbiamo dimostrato che la fiducia in un progetto, anche quando sembra impossibile, può dare frutti tangibili. E continueremo su questa strada”, commenta con soddisfazione il sindaco di Sernio.
La pazienza della pietra
I muri dei terrazzamenti non sono semplici opere murarie: sono architetture di equilibrio, costruite pietra su pietra con materiali locali. Sostengono i pendii, rendono produttivi terreni altrimenti instabili e regolano il drenaggio e il microclima del versante.
E poi ci sono le muracche, le grandi cicatrici di pietra che attraversano il Pergul come segni di un’antica lotta con la montagna. Larghe fino a dieci metri e lunghe oltre duecento, servivano a proteggere le colture dai venti, a creare microclimi ideali per vite e ulivi e a collegare i poderi. Sono testimonianze di una conoscenza profonda del territorio e della sua fragilità.
Quando la memoria diventa futuro
Uno degli interventi più significativi riguarda l’area terrazzata delle “Vigne degli Homodei”, appartenute all’antica famiglia nobile di Sernio. Dopo anni di incuria, l’area è stata ripulita, i muretti ricostruiti e il terreno riportato alla coltivazione.
Oggi, dove prima crescevano solo rovi, si estende un uliveto: una sfida che pochi avrebbero creduto possibile, e invece vinta grazie al microclima del versante retico, caldo e asciutto, ideale per la pianta simbolo della pace e della rinascita.
Un’eredità viva
Il Pergul è un archivio a cielo aperto. Ogni muro racconta storie di lavoro e appartenenza. Un tempo, tra questi terrazzamenti, si coltivavano segale, viti e castagni: colture che oggi sopravvivono grazie alla passione di pochi.
Lungo il “sentiero del Fontanino”, che collega Tirano alle pendici del Masuccio, si incontrano ancora le opere ricostruite dopo la frana del 1807, segni tangibili di una resilienza che attraversa i secoli.
Nella “Vigna degli Homodei”, invece, i muri perfettamente restaurati e le muracche intatte restituiscono un paesaggio che sembra sospeso nel tempo, dove la pietra racconta di mani sapienti e di rispetto per la natura.
La bellezza come scelta
Il progetto di recupero del Pergul non è solo un intervento paesaggistico: è un atto di identità collettiva e di civiltà.
In un’epoca in cui distruggere è più semplice che conservare, Sernio dimostra che la bellezza può rinascere dal passato, se c’è la volontà di custodirla.
La lezione è semplice e potente: il futuro si costruisce, pietra su pietra, credendoci davvero.
- testo e foto di Lorenzo Cisani -
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