“Super Intramoenia”: la sanità pubblica sempre più svenduta al profitto
La Giunta Regionale della Lombardia, con la delibera detta “Super Intramoenia”, compie un nuovo passo verso la privatizzazione del diritto alla salute e lo smantellamento della sanità pubblica. Noi di Rifondazione Comunista Lombardia denunciamo con forza questa misura, che apre le strutture pubbliche (ospedali, ambulatori, sale operatorie) ai fondi sanitari privati e alle assicurazioni.
Dietro le parole d’ordine della “valorizzazione delle strutture pubbliche” ed “efficienza del sistema sanitario” c’è una privatizzazione mascherata: passiamo da un diritto alla salute, un sistema fondato sulla solidarietà e sull’universalità, a un mercato della salute in cui chi paga, cura; chi non può, aspetta. Noi non accettiamo questa logica. Il diritto alla salute non può dipendere dal portafoglio.
Con questa delibera si istituzionalizza una sanità a due velocità, con medici, macchinari e spazi pubblici a disposizione a chi possiede coperture assicurative o mezzi economici sufficienti, mentre i cittadini che contano solo sul servizio pubblico continueranno a subire liste d’attesa infinite. Questo non è “uso efficiente delle risorse pubbliche”: è un trasferimento di ricchezza e competenze dal pubblico al privato, un furto di beni comuni travestito da modernizzazione.
Questa delibera è figlia diretta del modello lombardo, laboratorio del neoliberismo sanitario da trent’anni. Da Formigoni a Fontana, si è costruito un sistema che confonde la libertà d’impresa con il diritto alla salute, trasformando la cura in business. Ma il privato non aiuta il pubblico: lo divora.
Con la “Super Intramoenia” si calpesta anche l’articolo 32 della Costituzione, tradendo il principio di uguaglianza nell’accesso alle cure: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. La salute non è un privilegio per chi paga, ma un diritto per chi ne ha bisogno. La Giunta lombarda prosegue invece senza sosta sulla strada che ha già devastato scuola, trasporti e pensioni: tagliare il pubblico, farlo funzionare male e poi presentare il privato come soluzione.
Ci dicono che questa misura servirà a “motivare i medici” e a “trattenere i professionisti nel sistema pubblico”, ma la realtà è un’altra: si costruisce un sistema che spinge i lavoratori della sanità a diventare imprenditori di sé stessi, anziché servitori del bene comune. Chi vuole guadagnare di più sarà spinto verso i canali assicurativi; chi crede nel servizio pubblico sarà marginalizzato e sottopagato. Una logica di profitto anziché una logica di cura. Nel frattempo, non si investe un euro serio per ridurre le liste d’attesa o migliorare le condizioni di lavoro nei reparti.
A trarre invece vantaggio da questa misura saranno le assicurazioni sanitarie private, le imprese che offrono fondi sanitari aziendali e i manager delle aziende sanitarie che potranno vantarsi di “fare utili”. A perdere saranno come sempre i cittadini comuni, che pagheranno due volte, prima con le tasse e poi con le polizze, e i territori più poveri, che vedranno depauperati i propri servizi. A perdere sarà anche l’idea stessa di un servizio sanitario pubblico e universale, una delle conquiste sociali più importanti del dopoguerra.
Noi di Rifondazione Comunista diciamo basta alla retorica dell’integrazione pubblico-privato. Il compito dello Stato non è competere con il mercato, ma garantire diritti sociali a tutte e tutti.
Perciò chiediamo un piano nazionale per una risoluzione strutturale delle problematiche esasperate dal divario pubblico-privato, andando oltre le soluzioni tampone già spesso utilizzate qui in regione.
1. Assumere personale sanitario stabile, non precario;
2. Aumentare i fondi al sistema sanitario pubblico, non tagliarli per poi sostituirli con fondi assicurativi;
3. Ridurre le liste d’attesa con investimenti diretti e trasparenza, non con scorciatoie di mercato;
4. Rendere pubblici i bilanci delle strutture e vietare l’uso di risorse pubbliche per attività a pagamento;
5. Restituire potere ai cittadini, non ai manager.
La salute non è una merce. Chi la trasforma in business, attacca il cuore stesso della democrazia sociale.
Il Servizio Sanitario Nazionale nacque nel 1978 grazie alle lotte popolari, alla sinistra, ai movimenti operai. Oggi, una destra neoliberale e compiacente - sostenuta dal silenzio di troppi - lo sta smantellando pezzo dopo pezzo.
Come Rifondazione Comunista, diciamo chiaramente: Difendere la sanità pubblica non è nostalgia, è rivoluzione. La salute non è un affare, è un diritto. Non accetteremo mai che venga messa all’asta nei palazzi della Regione Lombardia o di qualsiasi altra regione.
Segreteria Regionale Lombardia
Partito della Rifondazione Comunista
- 2 viste