IL PALAGHIACCIO IN VALTELLINA: TRA SOGNI E REALTÀ

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IL PALAGHIACCIO IN VALTELLINA: TRA SOGNI E REALTÀ

Mer, 24/07/2019 - 17:05
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Un viaggio a puntate verso i Mondiali Juniores del 2020
 

mercoledì 24 Luglio, 2019

Chissà se l’idea di un Palaghiaccio nel capoluogo valtellinese prenderà forma o resterà sulla carta… certo è che nell’ultimo cinquantennio si susseguirono diverse proposte di questo genere in Valtellina, alcune di brevissima durata, altre ventilate e mai realizzate.

Le attività sul ghiaccio si facevano su piste improvvisate e rigorosamente nei mesi invernali, quando il ghiaccio poteva garantire tenuta e stabilità, con le note difficoltà dovute al meteo: nel 1981, ad esempio, la II prova del Quadrangolare lombardo di pattinaggio di velocità richiese uno sforzo non indifferente ai bormini, poiché la giornata prima delle gare scese una grossa nevicata che costrinse gli organizzatori a un lavoro notturno extra per ripristinare il ghiaccio! O nel 1987, al trofeo Lanzada, quando le gare dovettero essere sospese più volte a causa della neve che cadendo rovinava la pista. Certo è che la Lanzada Ghiaccio, società leader nel pattinaggio di velocità tra il 1979 al 1985, non ebbe possibilità di allenarsi al meglio come accadde invece ai “cugini” bormini, grazie alla costruzione nel 1985 del Palaghiaccio di Bormio (condiviso con altre discipline quali hockey e pattinaggio di figura). Sino ad allora, l’unica società ad avere un campo dotato di impianto refrigerante era Chiavenna; a Sondrio le discussioni su un possibile palazzetto del ghiaccio si erano aperte già nel 1979 e addirittura nel 1989 sembrava cosa fatta, grazie a un finanziamento della Regione Lombardia poi rivelatosi infondato… così il Palaghiaccio nel capoluogo rimase una chimera, mentre ad Albosaggia fu effettivamente avviato nel 1988 il Palaghiaccio Orobie gestito dal Club Pattinatori Valtellinesi, il quale – pur di dimensioni assai ridotte – rimase in funzione per qualche anno.

Nel 1985 l’amministrazione comunale di Lanzada ventilò l’idea di realizzare una struttura per far allenare i suoi ragazzi, conscia dei prestigiosi risultati e della necessità di non disperdere il patrimonio di atleti. Era persino stato predisposto uno studio da parte di Co-Progetto 71 di Sondrio per una spesa superiore ai 4 miliardi di lire… Ma mentre quello di Bormio entrò in funzione nel 1986, a Lanzada il Palaghiaccio restò un sogno. In realtà anche il campo di Bormio non era – come accade oggi – dedicato esclusivamente al ghiaccio: si trattava piuttosto di un impianto refrigerante da collocarsi all’interno del Polifunzionale coperto e che poteva essere dismesso all’occorrenza. Realizzato dalla Rezia System era costituito “da un tappeto di serpentine con tubi di plastica nei quali scorre un liquido, il glicole, che portato ad una temperatura molto bassa, permette il raffreddamento dell’acqua e quindi la formazione del ghiaccio” (da Il Corriere della Valtellina del 18 gennaio 1986). Il Palaghiaccio del 1986 nacque come “una pista di 60×30 mt circondata da una balaustra in vetroresina dell’altezza di un metro, con tribune di 800 posti a sedere, pronto soccorso, segreteria, spogliatoio, servizi e sala noleggio con oltre 500 paia di pattini” (da Il Corriere della Valtellina del 18 gennaio 1986), il tutto dotato di apparecchiature audio, circondato da ampie vetrate e con copertura a volta interamente di legno. L’impianto del ghiaccio era stato acquistato da Egidio Tarantola, patron dell’amaro Braulio e presidente della Bormio Ghiaccio, che per anni sostenne le attività sportive della Bormiese, soprattutto quelle legate al ghiaccio. Il palazzetto, invece, era di proprietà comunale, che lo affittava alla stessa Bormio Ghiaccio per le attività di promozione giovanile. Da allora gli sport del ghiaccio ebbero a Bormio una loro casa.

 

Anna

Foto di copertina tratta da “Il Corriere della Valtellina” del 14 dicembre 1985