TUTTO DEDICATO ALL’ARIA IL VOLUME PROPOSTO DAL CENTRO STUDI STORICI ALTA VALTELLINA

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TUTTO DEDICATO ALL’ARIA IL VOLUME PROPOSTO DAL CENTRO STUDI STORICI ALTA VALTELLINA

Mer, 26/04/2017 - 21:42
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La pubblicazione presentata in occasione del XXV convegno nazionale di cardiologia

Recita un proverbio arabo: “L’aria è una realtà ovvia. Ma guai a non respirarla!”. Eppure di ovvio non c’è quasi nulla nel IV volume dedicato all’aria edito dal Centro Studi Storici Alta Valtellina con il contributo fondamentale della Banca Popolare di Sondrio, nell’ambito del XXV Convegno dei Cardiologi tenutosi a Bormio dal 10 al 13 aprile 2017. Gli argomenti trattati dal gruppo di autori che hanno collaborato alla stesura del libro, infatti, sono ancora una volta sorprendentemente inconsueti, anomali e curiosi oltre ogni limite: vi si tratta di animali (piccioni e pernici), di osservatori meteorologici, di salto con gli sci, di montagne, di campane e campanili, di guerra, di turismo…un assemblaggio di temi all’interno dei quali il lettore non potrà non trovarne almeno uno di suo interesse!

Si parte con un provocatorio interrogativo di Guglielmo Scaramellini: l’aria delle alpi rende liberi (e felici)? Partendo da un poemetto del 1732 il noto accademico ci induce a riflettere su alcune implicazioni legate alla vita in montagna e sulla reale consapevolezza che i suoi abitanti, nel corso dei secoli, hanno o non hanno avuto circa i suoi benefici. Quesito interessante ma, inevitabilmente, di ardua risposta.
Non esita, invece, Remo Bracchi quando si tratta di scandagliare le profondità del lessico; nel suo intervento individua le diverse sfaccettature del termine “aria”, da elemento naturale (ogni tipo di vento) a sostanza evanescente (“il respiro dell’universo”) a territorio fantastico ed oscuro abitato da personaggi maligni.
Interessante il contributo di Cristina Pedrana la quale, attraverso lo scritto del notaio cinquecentesco Giuseppe Sermondi, si è occupata delle delimitazioni dei confini, ossia quelle “linee d’aria” il cui riconoscimento diventava essenziale per determinarne precisamente il possesso. E linee d’aria sono pure quelle disegnate dai campanili che si stagliano verso l’alto, sfidando la legge di gravità e facendo riecheggiare ovunque le note delle loro campane.
Augusta Corbellini e Ilario Silvestri ne indagano gli aspetti: l’una proiettata verso le costruzioni vere e proprie, l’altro verso il loro contenuto, cioè quelle campane che ne hanno manifestato la voce nel corso dei secoli e che sono state realizzate da abili artigiani fonditori presenti nel nostro territorio.
Uno di questo fu Francesco Sermondi, al quale Dario Cossi dedica il suo lavoro; di origine bormina ebbe modo di costruirsi una piccola fortuna dopo essere emigrato in Svizzera dove, grazie alla sua maestria, viene tuttora ricordato.

L’aria del cielo è stato fonte di ispirazione per Gianpaolo Angelini, Manuela Gasperi e Gisi Schena. Il primo si sofferma sulla raffigurazione del cielo nei dipinti di matrice lombarda, mentre le due studiose si concentrano sulle rappresentazioni celesti affrescate sulle volte e sui soffitti di alcune delle più belle chiese di Bormio. Non poteva mancare, inevitabilmente, un richiamo alla salubrità dell’aria grazie alla quale, nei secoli scorsi, si è avviata l’imponente macchina turistica che ancora oggi si dispiega sul nostro territorio.

Giacomo Menini, Stefano Zazzi e Raffaele Occhi, ognuno in modo diverso, ripercorrono nei loro articoli il concetto dell’aria buona come elemento qualitativo da offrire al malato (nel Villaggio Sanatoriale), al turista o all’appassionato di alpinismo. Erano i tempi in cui il Bormiese si presentava come “stazione climatica”, proprio per sottintendere la cura derivante dal clima e dall’aria balsamica. Daniela Valzer ci riporta ai tempi d’oro del salto con gli sci, quando volare nell’aria con i rudimentali attrezzi “ricavati da scandole” consentì a Bormio di poter vantare alcuni tra i migliori campioni della specialità, grazie anche alla realizzazione di tre piccoli trampolini di lancio sui prati intorno all’Eira e di uno più imponente a S. Pietro. Della stessa autrice, poi, la storia del Deltaclub Bormio, un’accolita di aspiranti deltaplanisti in attività negli anni ’70, con pochi mezzi, pochissima esperienza e un’autentica passione.

Giuseppe Tarantola estrae dal baule dei ricordi la testimonianza di quando, bambino durante la seconda guerra mondiale, fu diretto protagonista di un bombardamento, per fortuna senza sciagurate conseguenze. L’aria, in questo caso, come strumento e varco (per le bombe) attraverso il quale raggiungere un fine, non diversamente da quegli animali che sfruttano l’etere per muoversi. Ce lo ricordano Maurizio e Massimo Favaron, Michele De Lorenzi e Anna Lanfranchi, raccontandoci dei “voli” di ragni e altri insetti o l’attività dei “corrieri del cielo”, ossia i piccioni viaggiatori forieri di messaggi alati.
In chiusura tre argomenti che con l’aria connessi per le implicazioni meteorologiche derivanti dalle variazioni atmosferiche: la storia dei due osservatori meteorologici realizzati in Alta Valle (quello novecentesco ai Forni e quello ottocentesco allo Stelvio, il più alto in assoluto) e una relazione del Centro Nivometeorologico di Bormio sull’andamento nivale del ghiacciaio dello Stelvio nell’ultimo decennio.

Il volume n. IV “Memorie dell’Aria in Alta Valle” è disponibile presso la sede del Centro Studi Storici Alta Valtellina in via Roma 1 a Bormio.

Anna