Continua la fuga di medici all’estero. E le liste d’attesa crescono. Patto per il Nord propone un prestito d’onore per gli universitari
«Le liste d’attesa non possono più aspettare. La sanità pubblica sta perdendo personale giorno dopo giorno: bisogna agire». Jonny Crosio, ex senatore della lega Nord tra i fondatori del movimento Patto per il Nord, lancia un appello al Governo presentando una proposta concreta: un prestito d’onore per gli studenti di Medicina, con vincolo di servizio nel sistema sanitario nazionale.
Il progetto, ispirato ai modelli di ferma obbligatoria previsti nelle Forze armate e ai sistemi di prestito studentesco statunitensi, prevede che gli studenti possano accedere a un finanziamento fino a 60.000 euro, senza interessi né garanzie personali, da restituire in vent’anni. Unica condizione: prestare servizio nella sanità pubblica per un numero di anni proporzionale al finanziamento ricevuto.
«Chi riceve un supporto economico importante per la propria formazione - spiega Crosio - deve poter restituire quell’investimento in termini di servizio alla comunità. È lo stesso principio che vige nelle Forze armate per medici militari e piloti. Formare un medico costa: se lo Stato investe, è giusto che quel medico restituisca sotto forma di lavoro per la sanità pubblica».
Il prestito potrà coprire non solo le tasse universitarie, ma anche le spese vive legate agli studi, come previsto dai programmi europei per l’istruzione.
Il progetto, aperto a corsi di studio nell’area sanitaria - lauree a ciclo unico, lauree magistrali, master universitari di primo e secondo livello, scuole di specializzazione (senza borse di studio/retribuzioni) riconosciute dal Miur - potrà essere gestito attraverso gli operatori finanziari selezionati dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e cofinanziato con risorse del Fondo sociale europeo plus (FSE+), fondo con un bilancio complessivo per la politica di coesione dell’Ue di 147 miliardi di euro. Gli studenti destinatari dovranno dimostrare il rispetto degli obiettivi previsti nel contratto di finanziamento, connessi al percorso di studi intrapreso.
Una proposta concreta per provare ad arginare il fenomeno della carenza di personale nella sanità pubblica e la fuga dei medici verso l’estero che ormai sta assumendo contorni di estrema gravità. La questione che in passato riguardava principalmente le aree di confine, come la Lombardia e il Piemonte, ora è generalizzata. E le mete dei camici italiani dopo la Svizzera, la Gran Bretagna e la Francia comprendono anche il Belgio. Tra cardiologi, ortopedici, anestesisti, oncologi, pediatri, clinici e ricercatori sono quasi centoventi i medici ufficialmente iscritti oggi all’Associazione dei Medici italiani in Belgio (AMIB), fondata tre anni fa per creare una rete fra gli operatori sanitari attivi nel Paese. Tuttavia, includendo anche i non iscritti, il numero complessivo è decisamente più alto. Un flusso cresciuto costantemente negli ultimi anni: nel 2022 si contavano oltre 500 professionisti della salute italiani operanti in primo luogo a Bruxelles, e poi nelle Fiandre e in Vallonia. Ma la presenza italiana nel sistema sanitario belga potrebbe essere ancora più ampia.
«È evidente che non possiamo assistere a questa emorragia senza far nulla - aggiunge Crosio -. La politica deve agire. Rivolgiamo un appello alla Presidente del consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Università Annamaria Bernini: fate vostro questo progetto, istituite il fondo nazionale e attivate subito un tavolo tecnico con le Regioni. Serve un’alleanza istituzionale, e le Regioni, in particolare quelle con nazioni competitive alle porte, devono poter compartecipare al finanziamento».
Crosio sa bene che questa misura non risolverà il problema nell’immediato, «ma – conclude - da qualche parte bisogna iniziare e questo ci sembra un ottimo punto di partenza. La salute dei cittadini non può aspettare».
- Jonny Crosio - Patto per il Nord -
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