I CONFINI IN ALTA VALLE E LA COSTRUZIONE DELLA STRADA DELLO STELVIO

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I CONFINI IN ALTA VALLE E LA COSTRUZIONE DELLA STRADA DELLO STELVIO

Ven, 18/08/2017 - 20:22
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venerdì 18 Agosto, 2017

La Stua Grande di Bormio ha ospitato giovedì 17 agosto un’interessante conferenza di Cristina Pedrana sui confini che ci circondano, naturali ma soprattutto politici. Come sono nati? Cosa rappresentano? Quali trasformazioni hanno subito e continuano tuttora a subire? La faccenda è complessa: non si tratta solo di stabilire una linea di demarcazione territoriale… il confine – come scriveva il giurista tedesco Carl Schmitt – è assai di più! È anzitutto il “mettere radici” in una determinata area che genera l’idea dei confini, e l’occupazione stabile di questa area fa sì che la popolazione vi affermi la propria appartenenza territoriale attraverso il riconoscimento dei confini. Insomma, “non importa solo la mera esistenza del confine, ma soprattutto che le popolazioni conoscano le delimitazioni territoriali dei confini: allora diventa chiaro come il territorio è stato occupato e gestito”. Questo, a maggior ragione, per quelle zone dove i termini sono piuttosto labili; vuoi per i mutamenti climatici che modificano i confini naturali (ad esempio lo scioglimento di un ghiacciaio, l’abbassamento di una montagna, un evento catastrofico che distrugge parte di un’area…), vuoi perché soggette a dominazioni diverse, oppure perché si tratta di aree interessate da forti contenziosi, cosa non infrequente nelle nostre vallate. Poteva persino capitare che interi nuclei abitati decidessero di “spostare” il loro confine di appartenenza politica per ragioni di convenienza: la piccola frazione di Cavaione, appena sopra Brusio, in passato modificava la propria frontiera in modo da risultare appartenente territorialmente ora all’Italia, ora alla Svizzera, a seconda del loro miglior partito! Un documento cinquecentesco, redatto dal notaio Sermondi, riproduce la situazione del XVI secolo in materia confinaria: riporta, infatti, tutte le linee di demarcazione vigenti tra le varie località dell’Alta Valle, all’epoca soggetta al governo Grigione. Si viene così a sapere che alcune zone dell’Alta Valle (soprattutto nel Livignasco) erano contese con la Svizzera (valle Orsera, alpe Schera, alpe del Gallo…), mentre la demarcazione dei confini lungo la cresta del Braulio o in val Viola avvenne senza troppi problemi (e sono tuttora gli stessi). In tale contesto giova ricordare che la strada dello Stelvio nacque proprio per evitare “sconfinamenti” nel vicino territorio grigione: già Napoleone, infatti, l’aveva voluta ideare a scopi militari, affidandone la progettazione all’ing. Ferranti. L’Impero austriaco, che gli succedette nel governo della Valtellina, riprese il progetto e lo portò a compimento nonostante l’ostilità della popolazione del versante tirolese, che vedeva nella nuova strada una possibile minaccia per i propri traffici commerciali dispiegati lungo la direttrice Bolzano-Merano-passo Resia…insomma, le due vallate si trovavano sotto lo stesso Imperatore, ma erano assolutamente divise (e non si trattava solo di confini naturali, ma anche “etnografici”); ecco perché il Donegani ricevette l’incarico di sovrintendere alla costruzione di entrambi i versanti, sia quello bormino sia quello venostano. A segnare in modo indelebile questo “passaggio” da una valle all’altra fu posto sul passo, nel 1828, un enorme cippo ancora esistente. La storia del nostro territorio, quindi, è legata in modo indissolubile ai confini che nel tempo furono introdotti; se nel passato ciò fu spesso motivo di scontro, oggi dovremmo essere in grado di considerare i confini non solo in senso restrittivo (confine = barriera), ma soprattutto come luogo privilegiato di incontro e di scambio.

Ulteriori approfondimenti si possono trovare all’interno dell’articolo pubblicato nel volume “Le memorie dell’aria”.

Anna