OLIMPIADI INVERNALI 2026: UN UNICO “OMBRELLO” PER TUTTA LA VALLE

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OLIMPIADI INVERNALI 2026: UN UNICO “OMBRELLO” PER TUTTA LA VALLE

Mer, 24/06/2020 - 16:29
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La Fondazione Milano-Cortina si presenta al completo ed esorta: 'potremo dare supporto solo se saprete proporvi uniti'

24 giugno 2020

Prima uscita ufficiale in Valtellina della Fondazione Milano-Cortina 2026 al completo, il gruppo a cui è affidata la programmazione dei Giochi Invernali che dovrebbero costituire il viatico per l’affermazione della Montagna, intesa come elemento-chiave nell’offerta turistica e sportiva del Bel Paese. A distanza di un anno esatto dall’assegnazione dei Giochi, il Cda è giunto in Valtellina tra il 23 e il 24 giugno 2020 per i primi sopralluoghi e per presentarsi “de visu” agli amministratori locali e alla stampa; incontri che sono serviti anzitutto a mostrare il territorio, con le sue potenzialità e le sue criticità, e in secondo luogo a puntellare alcuni concetti che saranno il leit motiv di questa Fondazione e che a più riprese sono stati sottolineati dall’ad Vincenzo Novari. Il manager, con una solida esperienza alle spalle in multinazionali di primissimo livello, non nasconde la sua sorpresa per aver scoperto solo oggi la pista Stelvio, sulla quale si disputeranno le gare di sci alpino: “Sono uno sciatore appassionato e me la cavo piuttosto bene, mai avrei pensato che la Stelvio fosse così attraente. Credo che questa pista rappresenti uno dei maggiori punti di forza per la Valtellina, ma è ancora poco raccontata e avremo bisogno anche del vostro aiuto per farla diventare qualcosa di leggendario, come è la Streif di Kitzbuhel”, una posizione condivisa anche da Andrea Monti, il responsabile dell’ufficio stampa (nonché direttore della Gazzetta dello Sport fino a pochi giorni fa): “la Stelvio deve diventare iconica e deve essere raccontata! Il nome stesso evoca fatica, montagna, è qualcosa che la natura ha regalato alla vostra valle in cui il binomio sport-paesaggio si esprime benissimo”.

La presenza nel Cda dei due olimpionici Antonio Rossi e Diana Bianchedi è già di per sé significativo del ruolo assunto dallo sport nella promozione turistica e più in generale nell’agenda politica: “Lo sport ha una grande capacità di attrazione – afferma Novari – e l’impegno, la determinazione, la fatica sono cose che pagano nella vita e vanno spiegati ai giovani. Rossi e Bianchedi non sarebbero diventati i campioni che sono senza aver fatto sacrifici. Portare i giovani a fare sport è una missione ed è un regalo alla società in termini di qualità di vita, di salute, di educazione”.

Lo sport è uno stimolo per cambiare – aggiunge Diana Bianchedi – e anche per unire: la sensazione dello spogliatoio prima di una gara importante è quella di uscire uniti e giocarsela per la vittoria. Noi come gruppo lavoriamo in questa direzione, proprio come uno spogliatoio“.

Nei prossimi anni le olimpiadi invernali catalizzeranno gli sforzi della Fondazione e dei territori coinvolti. Sono tutti d’accordo nel considerare l’evento quale pilastro per la ripresa del paese nei suoi vari livelli (coinvolgimento delle attività produttive italiane, sostenibilità ambientale, valorizzazione delle eccellenze e delle competenze, promozione del marchio “Italia”, rispetto per i territori coinvolti) e quale volano per la crescita della realtà alpina… ma tutto ciò sarà possibile solo a una condizione: il territorio dev’essere unito, compatto e coeso come non mai. Su questo punto non c’è stato spazio per incertezze: “Le varie anime devono remare nella stessa direzione e in tal caso la fondazione potrà essere di grande aiuto, se c’è contrapposizione non potremo offrire supporto. Tutti i territori della valle si devono unire sotto questo ombrello”.

Un chiaro messaggio ad abbandonare i particolarismi locali: cosa semplice a dirsi, difficile a farsi quando ogni vallata, ogni comune, ogni frazione, ogni condominio tende a guardare al proprio orticello e soprattutto se quell’ombrello non dovesse avere dimensioni adeguate per coprire il territorio. Vale a dire che il coinvolgimento dovrà essere fattivo e concreto: per la maggior parte dei valtellinesi la dissociazione è insita nel dna, non per un fatto di cattiveria, ma perché storicamente i nuclei comunitari erano (e lo sono tuttora) separati in una miriade di vallette e di montagne, in ciascuna delle quali persiste un forte spirito identitario. Questa sarà una delle sfide da affrontare per la Fondazione, che ha trovato in Sergio Schena un puntello di grande incisività a rappresentanza della realtà valtellinese.

Massimo Sertori, non a caso, ha parlato di Valtellina ma anche di “Montagna”, a sottolineare la stessa appartenenza di tutti alla comunità alpina: “L’ambizione è far conoscere l’Italia anche per le sue montagne, ma per farlo occorre lavorare insieme, compatti, con una progettualità univoca”, anche perché – gli fa eco Flavio Roda, presidente FISI – “la montagna ha una sofferenza particolare e questi eventi sono ossigeno”.

Insomma, la Regione Lombardia e la Fondazione ci mettono programmi, investimenti e finanziamenti, sta a noi fare in modo di salire su questo palcoscenico e proporre al mondo quanto di meglio abbiamo da offrire. “Il mio augurio – conclude Novari – va in questa direzione: mi piacerebbe che si parlasse non solo della creatività ma anche della capacità organizzativa degli italiani”.

E, va da sé, dei valtellinesi.

Anna