“Gli occhi che ci hanno rubato il cuore”
Erano circa quattro anni fa, quando una bimba di soli 5 anni di nome Clelia, viveva in una comunità per minori dove, insieme ad altri 6 bambini, condivideva la quotidianità accompagnata dagli educatori, che sono diventate figure di riferimento per lei.
Clelia era stata abbandonata dai genitori quando aveva circa 1 anno, probabilmente perché la sua famiglia di origine, già portatrice di alcune fatiche a livello genitoriale e relazionale, ha faticato ad affrontare le sfide e le paure che la diagnosi di grave disabilità effettuata alla nascita della bambina portava con sè.
Un giorno, però, Monica e Giovanni si presentarono in comunità per conoscere Clelia, di cui avevano sentito tanto parlare in passato, dato che Monica lavorava come infermiera all’ospedale quando era nata Clelia. Monica e Giovanni sono arrivati in comunità dopo aver seguito un percorso di conoscenza e formazione che li ha preparati ad affrontare le varie tematiche connesse con l’accoglienza di un minore e dopo aver valutato insieme ai servizi sociali e al servizio affidi la possibilità di aprirsi ad un’esperienza di affido di una minore con disabilità.
Il percorso motivazionale di conoscenza, che aveva coinvolto anche i figli naturali di 10 e 13 anni, ha permesso a questa famiglia di avvicinarsi alla bambina in punta di piedi, provando gradualmente ad instaurare una relazione con lei, compatibilmente con le sue esigenze e capacità. Comprensibilmente, Giovanni e Monica all’inizio avevano molti dubbi, si chiedevano: «Ce la faremo? Non sarà un impegno troppo grande? Noi non abbiamo figli con disabilità e non siamo degli esperti...». I dubbi erano tanti ma, frequentando Clelia, gradualmente i dubbi sono scomparsi e hanno lasciato spazio all’entusiasmo: a Monica iniziavano a brillare gli occhi proprio come quando aveva conosciuto Clelia alla nascita, in ospedale.
L'inizio del progetto di affido non è stato facile, poiché hanno dovuto armarsi di molta pazienza e flessibilità, però hanno sempre avuto un buon cuore, una buona empatia e una spiccata capacità relazionale, qualità che sono state coltivate e supportate dai supporti professionali attivati in favore della famiglia.
L'esperienza di affido con un bambino con disabilità comporta infatti anche la necessità di confrontarsi e rapportarsi ad una rete di persone significative e specializzate, Monica e Giovanni hanno conosciuto diversi medici, psicomotricisti, educatrici, operatori sociali... questo ha fatto sì che loro non fossero mai soli nel gestire la minore e le problematiche legate alla disabilità.
Ad oggi Clelia, dopo quattro anni di affido, fa ancora parte della famiglia di Monica e Giovanni, che ha raggiunto un buon equilibrio anche coinvolgendo i figli nell’accoglienza della bambina.
Questa esperienza ha dato la possibilità a Clelia di sentirsi capita, accolta e voluta.
Il bisogno di sentirsi accolto ed amato è comune a tutti i bambini che attendono una famiglia disponibile ad intraprendere un progetto di affido. Analogamente a Clelia, ci sono tanti minori in attesa di essere accolti all’interno di una famiglia affidataria.
Le persone (famiglie, coppie o single) interessate ad un'esperienza di affido e ad aiutare temporaneamente bambini come Clelia possono chiedere maggiori informazioni al Servizio Affidi Provinciale, situato a SONDRIO, in via Meriggio 4, ai seguenti recapiti: Mail [email protected], Tel. 0342-211251.
Tatiana Libera
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