IL PERCORSO UMANO E SPORTIVO DI TOMMASO "TOMMY" SALA
Tommaso Sala incarna perfettamente il valore educativo e pedagogico che la famiglia può avere sul percorso di crescita dei propri figli. Il giovane sciatore di Casatenovo (LC), classe 1995, secondo migliore italiano nella sua specialità alle olimpiadi di Pechino 2022, ha presto lasciato casa e paese per provare a inseguire un sogno, ma i piedi sono rimasti ancorati saldamente alle radici ed i sani principi che la famiglia gli ha trasmesso fanno parte del suo bagaglio naturale: ascoltarlo parlare è un’esperienza piacevolissima e si intuisce che dietro allo sportivo, c’è un mondo che lo ha sorretto durante il suo cammino e che gli ha permesso di diventare l’uomo e l’atleta che è.
Tommaso approda a Bormio che è un adolescente. Sta sugli sci sin da bambino, ha iniziato a Madesimo, dove i genitori avevano una casa, ma dopo la scuola media vuol provare a fare un po’ più sul serio…
E qui la scelta cade su Bormio…
Quando si è trattato di scegliere la scuola superiore, con i miei genitori abbiamo optato per Bormio perché ancora esisteva il Liceo Sportivo; la mia classe sarà proprio l'ultima prima della sospensione di quel tipo di corso. I miei genitori hanno affittato una casa in paese e ho iniziato la mia vita “bormina”, fra studio, allenamento e qualche uscita con gli amici.
Per essere “foresto” ti sei subito integrato bene…
Anche troppo! Eravamo una classe di matti ma si è creato un bel rapporto di amicizia e ancora oggi capita di trovarci per un saluto o una pizza. Ho persino fatto le Bormiadi con il mitico gruppo degli Erpik, formato da parecchi compagni di scuola. All’epoca condividevo queste esperienze con Marco Furli che, come me, si allenava intensamente, oltre a essere un compagno di scuola e un compagno di Bormiadi… è stato un bel periodo, con il mio allenatore Pier che cercava di tenermi d’occhio e non farmi sgarrare! Alle Bormiadi, si sa, il pericolo è nei post-gara…
Con quale Sci Club hai mosso i passi in Alta Valle?
Inizialmente con il Reit Ski Team, poi l’anno successivo sono passato allo Sci Club Lecco dove mi sono subito inserito bene con il gruppo di ragazzi allenati da Pier Dei Cas e da Carlo Riva. Lì ho fatto tutta la trafila nelle varie categorie giovanili e sono rimasto sino a quando sono passato in Polizia. Ma ancora adesso, se riesco, torno ad allenarmi con loro perché ho mantenuto un bel rapporto e poi mi fa piacere dare una mano con i ragazzini.
Se non fossi stato sciatore, come ti immagineresti?
Mah… dopo il liceo pensavo di iscrivermi al Politecnico al corso di laurea in ingegneria meccanica, ma è difficile dire cosa sarebbe successo. Non guardo troppo in là e non faccio troppi programmi, vediamo come vanno le cose… Al momento sono felice di quello che sto facendo. Certo, ci sono poche certezze a livello di risultati, ma anche se avessi un obiettivo o un sogno, non è così scontato che questo arrivi o si realizzi
Un sogno, penso, sia stato quello di partecipare alle Olimpiadi
Sì, ma a dire il vero l’ho realizzato solo verso la fine. Quando mi sono trovato immerso nell’evento, non ci pensavo più di tanto perché per me si trattava di gareggiare come faccio sempre: le Olimpiadi sono arrivate durante la stagione e quindi ero già focalizzato sulle gare. Quando ho finito la prima manche ero messo abbastanza bene per andare a medaglia e tra la 1^ e la 2^ manche ci credevo davvero. Poi, una volta arrivato al traguardo della seconda manche, mi sono fermato e ho realizzato che era finito tutto! In Coppa del Mondo, a fine gara, puoi dire “recupererò la prossima volta”, ma qui no; qui, quando finisci, non hai possibilità di recuperare e la prossima volta è fra 4 anni!
Cosa ti ha lasciato questa tua prima esperienza?
Due sensazioni ambivalenti: da una parte la consapevolezza di aver dato tutto, ma proprio tutto quello che avevo e quindi di aver fatto il meglio per me, la squadra e l'Italia; dall’altra mi spiace non essere riuscito a fare di più.
Invece, il tuo esordio in Nazionale come è andato?
La prima volta che sono entrato in squadra è stata nella stagione 2013/2014: non ho un ricordo ottimale, è stato un periodo un po’ caotico. Sicuramente è andata meglio l’anno successivo, è partito un trend molto positivo che mi ha permesso di crescere, fare esperienza e ho fatto tutta la gavetta dalla squadra C fino alla squadra maggiore.
Qual è il tuo “luogo del cuore” per gareggiare?
Sicuramente Kitzbuhel, non tanto o non solo per le piste, che ce ne sono di belle in molti altri posti… a Kitzbuhel, intorno alle gare, c’è tutto un mondo fantastico di gente, di iniziative, di partecipazione. Si potrebbe dire che Kitzbuhel è il tempio dello sci!
Dopo che ti sei trasferito a Bormio, c’è stato un momento in cui hai seriamente pensato di fare questo mestiere?
È accaduto in modo molto naturale, senza forzature. Ma sicuramente c’è stata una svolta che mi ha reso molto più consapevole di quello che stavo facendo e mi ha “rimesso in carreggiata”; è un episodio che mi ha lasciato degli strascichi per qualche periodo e mi ha insegnato molto.
La cosa più bella, nel parlare con Tommaso, è la sua dimensione umana. Ti parla di famiglia, di amici, di esperienze condivise che appartengono anche a tutti noi: chi non ha fatto qualche “bravata” da giovane? E poi, i suoi riferimenti sono sempre lì, a partire dai suoi genitori e allenatori.
Mamma Laura e papà Massimo - continua a raccontare Tommaso - mi hanno sempre lasciato libero, ma senza assillarmi, non mi hanno mai fatto pesare la mia scelta o la mancanza di risultati. La cosa più bella è stata la fiducia che mi hanno accordato quando ho deciso di venire da solo a Bormio: hanno creduto nel mio sogno ma soprattutto in me come persona. Ci vuole coraggio anche per un genitore, lasciar andare il proprio figlio per la sua strada...
Sei ormai a fine stagione. Non è andata malaccio…
Direi proprio di no. Ho chiuso al 13° posto al mondo in slalom (lo scorso anno, ad esempio, ero al 40°), ho fatto la migliore stagione di sempre e sono entrato più volte nella top ten di Coppa del Mondo. Ho fatto un bel lavoro, sia in squadra, sia dal punto di vista mentale, con una persona che mi ha affiancato e mi ha aiutato a superare alcune difficoltà.
C’è un esempio sportivo a cui ti ispiri?
Ammiro molto Hirscher come atleta, ma non si può dire che io abbia un esempio da rincorrere: sto solo seguendo il mio percorso e vediamo dove mi porta.
Intanto, ti porta sulle piste del mondo..
Sì, ma torno volentieri a sciare a Bormio e se ho l’occasione, aiuto Pier con i ragazzini dello Sci Club. In fondo, pochi anni fa ero anch’io come loro, non l’ho dimenticato.
Possiamo immaginare lo stupore e l'emozione di questi bambini nel trovarsi di fronte a un olimpionico che li accompagna sui campi da sci, anche se solo per un giorno, ma questo dà la misura dell’estrema semplicità di Tommaso, che con naturalezza ti fa capire qual è la grandezza di uno sportivo: ricordarsi del proprio cammino. Pier, che è stato suo allenatore ed è soprattutto un suo amico, ci aveva avvisato: “l’è propi un brao marcìn”…. e saremmo completamente d’accordo con lui, tranne che per un piccolo particolare: com’è possibile che un atletone come Tommy, un bormino di adozione, uno che ha la bicicletta fissa nel programma di preparazione estiva, non abbia mai scalato lo Stelvio? A questo, bisogna assolutamente rimediare, magari con un bel Team Erpik alla Re Stelvio Mapei!
Anna
Foto: Pier Dei Cas
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